giovedì 25 ottobre 2007
Il canto di Penelope
Il canto di Penelope
Il mito dei ritorno di Ulisse (orig. The Penelopiad)
Margaret Atwood
ISBN 88-17-00791-9

"Ora che sono morta so tutto." Così inizia il romanzo, con la voce, finalmente non più sterile e muta, di Penelope, la moglie di Ulisse. Il riscatto, la sovversione dell'ordine patriarcale, la possibilità data finalmente anche alla donna di esprimere la propria visione delle cose, dire la propria verità, scardinando, se necessario, ipocrisie e false credenze diffuse dalla società maschile e misogina.
No, non è la riscossa delle oppresse, non è uno scatto di femminismo. Margaret Atwood - come sempre - non irriderebbe così il suo sesso, non lascerebbe le sue eroine nelle mani di critici pronti ad affossarle tacciandole di femminismo represso. La donna, Penelope, ri-acquista la sua voce, può parlare e dire la sua verità, ma solo dopo la morte. Quando la sua voce non è udibile.

Continua il romanzo, "Avrei voluto che fosse così, ma come molti dei miei desideri neanche questo si è avverato. Conosco solo alcuni eventi che prima ignoravo, entrati nella tradizione, ma forse infondati. Inutile dire che è un prezzo molto alto per soddisfare una curiosità." Penelope, nel suo lungo monologo, rivisita la mitologica impresa del marito Ulisse, le cause della guerra di Troia, dà un'immagine disincantata e realistica di Elena, che della guerra fu causa. Il mito è riscritto attingendo anche ad altre fonti non ufficiali, che forniscono una versione distaccata e differente della tradizione omerica. E si sofferma, incredula e sofferente, sull'irrazionale ragione per cui le sue dodici ancille, pur "traditrici" per essersi fatte sedurre dai Pretendenti, siano state selvaggiamente fatte impiccare dal marito durante la strage dei Proci.

Una domanda a cui Penelope, donna, non sa dare risposta.

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posted by Gigi at 21:06 |


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